Pierre Gaxotte, uno studioso contro il giacobinismo, di Marco Respinti.

Benemeritamente, la milanese Mondadori ha ristampato La rivoluzione francese. Dalla presa della Bastiglia all’avvento di Napoleone, di Pierre Gaxotte.

Nato il 19 novembre 1895 a Revigny-sur-Ornain, nel dipartimento della Meuse, nella Francia nordorientale, Pierre Gaxotte entra à l’École normale supérieure nel 1917. Nel 1920 vi consegue l’agrégation in Storia che, nel sistema scolastico francese, consente l’accesso alla docenza nel settore pubblico, mentre contemporaneamente ottiene una licenza in Scienze. Professore di liceo, stringe amicizia con Joseph Arthème Fayard (1866-1936), figlio del fondatore dell’omonima e prestigiosa casa editrice francese – Joseph-François Arthème Fayad (1836-1895) -, attraverso il quale viene presentato a Charles Maurras (1868-1952), il noto intellettuale della Destra monarchica e fondatore dell’Action française, di cui diventerà segretario.

Nel 1894, infatti, Fayard figlio, subentrato al padre nella direzione della maison, sposta gl’interessi della casa editrice dalla letteratura popolare ad autori decisamente conservatori come Maurice Barrès (1862-1923) e cattolici quali Paul Bourget (1852 -1935). Accanto a ciò, Fayard si lancia pure nell’affascinante mondo del feuilleton – un genere all’epoca popolarissimo, anzi pop -, monopolizzandone presto il mercato grazie al successo dei 32 romanzi della serie Fantômas, personaggio ideato nel 1911 da Marcel Allain (1885-1969) e da Pierre Souvestre (1874-1914), al centro pure di altri 11 romanzi composti poi dal solo Allain oramai “vedovo” di Souvestre. A Fayard si deve peraltro anche il lancio mondiale delle opere del prolifico scrittore belga Georges Simenon (1903-1989), padre del commissario Maigret.
Ebbene, alla ricerca costante di nuovi spazi editoriali e sempre al centro di coraggiose operazioni culturali, nel 1920 Fayard crea la collana “Grandes Études historiques” e ne affida la direzione a Gaxotte.

Fayard non è un editore neutro. Ha la netta percezione che la narrazione della storia – scritta sempre dai vincitori – e la produzione culturale – appannaggio di chi detiene il potere – necessiti, soprattutto del suo Paese, la Francia, emendamenti fondamentali rispetto ai cliché dominanti in cui trionfa la vulgata repubblicano-laicista e lo spirito massonico liberal-socialisteggiante. Per questo mette la propria casa editrice al servizio di una imponente opera revisionista che, coscientemente, concede ampi spazi all’ambiente umano, politico e culturale in quel contesto maggiormente dotato degli strumenti intellettuali adatti a rompere il monopolio del “pensiero unico”: la Destra, di cui proprio Gaxotte è un esponente noto.

 

DENTRO UN VESPAIO, CON CORAGGIO

Ora, la Destra in Francia è un vero dedalo. Ai tempi di Gaxotte e di Fayard è la sovrapposizione di anime diverse, persino di “correnti” contrastanti. In essa confluiscono, un po’ alla rinfusa, orientamenti e ispirazioni anche molto distanti tra loro, dai monarchici legittimisti ai cosiddetti orleanisti, dagli eredi del bonapartismo e quelli dello spirito vandeano, dai cattolici fedeli al Soglio di Pietro ai positivisti conservatori convinti che la religione – il cattolicesimo – svolga una essenziale funzione sociale di reazione e di supporto all’ideale monarchico teorizzando però che non è necessario crederci davvero (Maurras fu uno di loro, ma non così tutta l’Action française). Una Destra, insomma, in cui convivono, pur se a fatica, una “vera Destra” e una “Sinistra della destra”, quest’ultima essendo la somma – direbbe il più importante pensatore contro-rivoluzionario del secolo XX, il brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) – di molte “false destre”.

Il vizio di fondo degli ambienti più discutibili - e talora francamente impresentabili – di quella galassia è del resto il nazionalismo, sovente smaccato, che, nonostante una certa retorica ivi diffusa, è ideologia tra le ideologie. Per questo, infatti, alcuni di quegli ambienti finiranno per guardare con favore e dunque per affiancare i movimenti nazionalistici europei dell’epoca, sfociati poi in movimenti e in regimi fascisti (o fascistici). Del resto, nel brodo di cultura da cui nasce il “mussolinismo” – prima ancora del vero e proprio fascismo italiano – vi sono cospicui ingredienti francesi, dal sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel (1847-1922) al cosiddetto “boulangismo” (dal nome del generale Georges Boulanger, 1837-1891), vale a dire il movimento di opposizione che ,tra il 1886 e il 1889, accarezzò l’idea del golpe nazionalista.

Gaxotte però no. Aveva idee più chiare. Nuotò in quel mondo, militò tra i maurassiani, partecipò alle attività editoriali di Fayard che fiancheggiavano la “rivoluzione nazionale” auspicata dal leader dell’Action française, diresse i due settimanali politico-letterari lanciati dall’amico Arthème – Candide e Je suis partout, quest’ultimo divenuto, dopo la “gestione Gaxotte”, persino antisemita -, eppure non vi annegò mai. Gaxotte è stato infatti uno di quegli uomini di cultura e di scienza che non hanno mai disdegnato l’impegno politico, né nascosto le proprie idee controcorrente, ma che di certi ambienti hanno più che altro cercato di servirsi: per fare del bene e per indirizzare, anche a costo del fallimento.

Non scordiamo, del resto, che il privilegio offerto dal riflettere su determinati fatti a distanza di tempo è negato a chi i fatti li vive quando essi accadono. E che se questo certamente non assolve mai dalle responsabilità personali, altrettanto certamente non carica gli uomini liberi degli errori commessi da altri, anche magari molto prossimi. Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) – per non citarne che uno – subì fortemente, all’inizio, il fascino del fascismo italiano; e suo cugino Arthur Kenneth Chesterton (1896-1973) fu invece smaccatamente fascista, antisemita e in collusione intellettuale con i nazisti. Per l’Action française di Maurras passarono comunque moltissimi intellettuali cattolici francesi certo non sospetti: il più noto di tutti fu il filosofo Jacques Maritain (1882-1973), che come molti altri poi se ne staccò, ma come scordare che in morte di Maurras tra i suoi laudatores figurò pure il Nobel T.S. Eliot (1888-1965)?

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