Il polemista cattolico che dialogò col Papa, by Marco Respinti

Domenica sera, la prima di Quaresima, è scomparso Mario Palmaro, giornalista elegante, saggista colto, polemista di verve rara in questi tempi appiattiti sul nulla.Mario Palmaro (1968-2014)

 

Stazza a parte (Mario aveva un fisico da invidia), un po’ ricorda il grande Gilbert K. Chesterton: penna acuminata e sorriso sempre. Cattolico profondo, “antico” e intransigente, sapeva, non solo in ultimo, che davanti al Crocifisso il resto è nulla: «Con la malattia», ha scritto, «capisci per la prima volta che il tempo della vita quaggiù è un soffio, avverti tutta l’amarezza di non averne fatto quel capolavoro di santità che Dio aveva desiderato, provi una profonda nostalgia per il bene che avresti potuto fare e per il male che avresti potuto evitare. Guardi il crocifisso e capisci che quello è il cuore della fede: senza il Sacrificio il cattolicesimo non esiste. Allora ringrazi Dio di averti fatto cattolico, un cattolico “piccolo piccolo”, un peccatore, ma che ha nella Chiesa una madre premurosa».

 

Laureatosi nel 1995 all’Università degli Studi di Milano con una tesi sull’aborto, di cui è stato un arcinemico giurato, perfezionatosi in Bioetica all’Istituto San Raffaele di Milano, ha collaborato con il Centro di Bioetica dell’Università Cattolica e ha insegnato a Roma nel Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e nell’Università Europea.

 

Interista impenitente e gran cultore di Giovannino Guareschi, ha fatto dell’apologetica seria e faceta il suo pane quotidiano in una trentina di libri distribuiti lungo tre lustri, molti dei quali scritti con l’amico Alessandro Gnocchi. Scrisse molto su il Giornale e Libero, sui mensili Studi cattolici e Il Timone, sull’online La nuova Bussola Quotidiana e da ultimo su Il Foglio. Qui Palmaro ha preso di petto nientemeno che Papa Francesco: troppo prossimo al relativismo morale e religioso; troppo falsamente umile; troppo contradditorio con il Catechismo e il Magistero di sempre. Roba da bruciarsi. Ora quelle lenzuolate al vetriolo, benedette dal direttore Giuliano Ferrara, le raccoglie Piemme nel libro Questo papa piace troppo in uscita oggi. E il senso di bruciore non fa che acuirsi. Palmaro ci rimise infatti la sua trasmissione alla popolarissima e papalinissima Radio Maria; e Papa Francesco – come i lettori di Libero sanno bene giacché è stato Libero a raccontare al meglio questa vicenda un po’ surreale – ha creduto di dover alzare il cornetto per parlarne a tu per tu. Cosa gli abbia davvero detto non lo sapremo mai, meglio. Ma se grande è lo scompiglio che Palmaro ha gettato dentro la “destra” cattolica (la “sinistra” non ha invece ancora smesso di fregarsi le mani), rimane il bel sospetto che per il suo caso valga il detto “chi disprezza compra”. Per certo non tutti gli anti-Francesco di oggi sono altrettanti picconatori devoti, né come lui amici maledettamente simpatici.

 

Domani, 12 marzo, ci sono i funerali, alle 10,45, nel Duomo di quella Monza dove Palmaro viveva dopo essere nato 45 anni fa a Cesano Maderno. Lascia la moglie, quattro figli tra i 7 e i 14 anni, il “Comitato Verità e Vita” che creò contro la cultura di morte, il suo bell’accento lombardo, un mucchio d’interrogativi e una testimonianza che vorremmo un dì avere la fede di fare nostra: «Alle volte mi immagino la mia casa, il mio studio vuoto, e la vita che in essa continua anche se io non ci sono più. È una scena che fa male, ma estremamente realistica: mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello».

Published in La Bianca Torre di Ecthelion

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