Currently Browsing: Economy

Galbraith truly deserved to be called a ‘public intellectual’

“Galbraith truly deserved to be called a ‘public intellectual’; he was never as barmy as Chomsky nor as nasty as Hobsbawm, never as bitter as Said nor a buffoon like Lacan but he qualified to be included in that opprobrious category.”

Christie Davies

Published in The Salisbury Review, Autumn 2013


“Non c’è successo economico senza ordine morale”, by Maria Claudia Ferragni

In questa prima settimana di luglio, nel corso della quale gli americani festeggiano l’anniversario della loro indipendenza, si trovano in Italia due economisti legati alla presidenza Reagan: Howard Segermark, ex-collaboratore di Arthur Laffer, l’economista che ha impostato teoricamente la Reaganomics, e Grover Norquist, fondatore e Presidente di Americans for Tax Reform, considerato uno degli uomini più influenti di Washington (oggi parlerà in un incontro pubblico a Roma alle 17 presso l’Hotel Nazionale, in piazza Montecitorio). Entrambi ospiti del Columbia Institute, portano in Italia la loro esperienza di indomiti paladini della libertà economica e individuale. Ma ci raccontano anche di un’America che sta vivendo un momento storico di transizione e che si sta avviando sempre più in fretta verso la pericolosa strada dello stato sociale europeo, anche per ciò che riguarda la messa in discussione dei valori fondanti la civiltà occidentale.

Della attuali sfide della galassia conservatrice abbiamo parlato a Milano con Howard Segermark, oggi vice presidente della Patten Associates, società specializzata in relazioni con il governo, esperto lobbista a difesa dei diritti di proprietà, attivo in molteplici associazioni e fondazioni conservatrici anche in ambito culturale.

Signor Segermark, qual è la situazione attuale del movimento conservatore negli Stati Uniti?

I Conservatori si trovano ad affrontare i problemi creati dalle politiche del presidente Obama. In particolare, il suo risultato più importante nel corso del primo mandato è stata l’approvazione dell’Obamacare (la nuova legge che rende obbligatoria l’assicurazione sanitaria per tutti, ndr), una vera e propria usurpazione massiccia dell’assistenza medica da parte dello stato. E’ ora chiaro che la legge approvata dal Congresso non potrà essere applicata a partire dall’anno prossimo, come era stato promesso, e non potrà essere implementata senza un massiccio incremento delle tasse. Inoltre, circa il 25% degli americani resterà ancora privo di un’assistenza sanitaria adeguata. Quindi la legge non ha risolto il problema per il quale è stata creata, sarà molto più costosa del previsto e, infine, probabilmente ridurrà l’ambito dell’assistenza medica per gli americani. Ciò accade perché non è mai successo che i burocrati siano in grado di risolvere un problema. Il Senatore repubblicano Paul Ryan (candidato alla Vice-Presidenza lo scorso novembre, ndr) ha invece una proposta alternativa, che restituisce alla persona la libertà  e responsabilità di decidere quale piano di assistenza sanitaria scegliere e mi auguro che possa essere approvata se nel 2016 dovesse essere eletto Presidente un repubblicano. L’Obamacare, invece, impone ai giovani pesanti carichi fiscali per sostenere le spese sanitarie degli anziani; mentre sarebbe meglio, come previsto da Ryan, creare incentivi perché i giovani possano risparmiare per pagarsi da soli l’assistenza medica quando saranno a loro volta anziani.

Quali sono altri problemi che i conservatori devono affrontare?

La grande recessione economica. Da quando Obama è stato eletto, gli Stati Uniti hanno avuto una crescita inferiore al 3% in ciascun quadrimestre, senza soluzione di continuità. Di conseguenza, l’America ha vissuto una diminuzione di ricchezza a cui non era abituata, al contrario dell’Europa che sembra essersi assuefatta a questi dati statistici. Le politiche di Obama hanno sottratto circa 2.800 miliardi di dollari all’economia e non possiamo non pensare a quale tragedia sia questa perdita di ricchezza in termini di posti di lavoro, investimenti, ricerca. Quando l’economia vive un periodo di stagnazione, in Europa le persone si rivolgono allo Stato, che in un certo senso acquisisce nuovi “clienti”: ecco, questa situazione per noi americani è nuova, ma siamo arrivati al punto che ci sono oggi 70 milioni di americani che vivono con i “food stamps”(buoni pasto statali, ndr), ma è un sistema molto corrotto perché ormai da molti anni i food stamps vengono venduti sul mercato nero a 50 centesimi l’uno per ogni dollaro di valore. Ad esempio, una famiglia  di 4 persone che ha 100 dollari in buoni pasto può ottenerne 50 vendendoli al mercato nero, per comprare la birra… E’ quindi un sistema che per il 50%  si risolve in uno spreco totale.

Osservandoli dall’esterno, sembra che i Conservatori non riescano a trovare la strada giusta o il candidato giusto per risollevarsi, è vero?

Vede, tutta la politica americana negli ultimi vent’anni si è trovata ad affrontare due grandi problematiche: la caduta del Muro di Berlino e l’11 settembre. Nessuno dei due partiti è unanime nel modo di risolvere questi problemi. Obama ha ridicolmente vietato l’uso della parola “terrorismo”, definendo ad esempio l’attacco di chiara e lampante matrice jihadista nella base militare di Fort Hood del 2009 “un’atto di violenza sul posto di lavoro”… Si tratta perciò davvero di una situazione politica complessa e anche i Democratici hanno difficoltà nel digerire questo tipo di interpretazione dei fatti. Inoltre, nel mondo di oggi in cui gli Stati Uniti sono l’unica vera super-potenza globale è molto difficile gestire la politica estera: bisogna forse smettere di pensare di intervenire in ogni singolo conflitto nel mondo? L’esempio della Siria è emblematico: mi chiedo se gli Stati Uniti hanno un interesso diretto in quel conflitto. L’unico che ha mai sostenuto la politica americana è Assad… certo, è un dittatore. Ma se gli Stati Uniti consentono ai jihadisti e ai cloni della Fratellanza Musulmana di conquistare un altro Paese, questo non aiuterà il conflitto né la causa della civiltà occidentale.

Come ha reagito l’opposizione repubblicana?

Ecco, si tratta di uno degli esempi migliori della spaccatura che stanno vivendo. Il senatore John McCain è andato in Siria e ha incontrato molte persone chiedendo di creare una “no fly zone” sulla Siria, che corrisponde a un atto di guerra, mentre Obama sta cercando di armare alcuni dei  ribelli, ma non sa bene chi siano e, di fatto, non lo sa nessuno. E’ indubbio allora che pensare di intervenire per creare una democrazia, come non siamo riusciti a fare in Iraq e in Afghanistan, diventerebbe un atto di hubris politica.

Read the complete article in La Nuova Bussola Quotidiana


What if we dumped Rand for Röpke?, by Joel J. Miller

After addressing Ayn Rand’s anti-Christian philosophy, I think it’s important to propose an alternative. This is particularly important for Christians who defend the free market and would like to expand economic freedom. Just because Ayn Rand is of the devil doesn’t mean that capitalism is too. They are not the same thing.

Sadly, some people seem to think so. “I think Christians would be less likely to embrace socialism if they understood that the economic philosophy of Ayn Rand is compatible with Christianity,” explains one pundit, as if those were our two choices: socialism and Randianism.

Read the complete article in Patheos


« Previous Entries

Powered by WordPress | Designed by Kerygma